IO MANGIO LE STELLE

Rebecca Elson
“Io mangio le stelle”
Poesie tratte da “A Responsibility to Awe”
A cura di Michele Bellazzini

“…Faccio apparire sullo schermo un piccolo sciame di stelle, visto da un
telescopio che qualche centinaio di persone, usando la conoscenza
accumulata da migliaia di pensatori, hanno messo in orbita attorno al nostro
pianeta. Penso a quello che significa. Cosa significa? Alla fine è solo una
disciplina come tutte le altre, come costruire pareti di mattoni, o tenere una
contabilità, o stare seduto su di un altare in posa di meditazione?
Questo è ciò che io pratico, e lo pratico con compassione, con onestà, con
dignità, con devozione a qualche ideale”
[da 20 novembre 1994]

Dalla prefazione di Michele Bellazzini:

Non ho mai conosciuto Rebecca (Becky) Elson di persona, ma la conoscevo
di nome e di fama fin dai tempi della mia tesi di laurea. La maggior parte della
attività scientifica di entrambi si è svolta nello stesso settore di astrofisica
stellare e galattica, dunque conoscevo i suoi lavori scientifici. Ne avevo però
sentito parlare più volte perché diverse colleghe la conoscevano piuttosto
bene o erano addirittura amiche (Carla, in special modo) e, dunque, di
quando in quando si scambiavano notizie sulle sue condizioni di salute,
perché quando ero studente di dottorato già si sapeva che Rebecca era
gravemente ammalata. Perciò, nel corso degli anni ’90 ho saputo della sua
ripresa e della sua ricaduta, e infine della sua morte, avvenuta il 19 maggio
1999, all’età di 39 anni, per le conseguenze del linfoma con il quale aveva
combattuto per un decennio.
Mi sono fatto prestare il libro da Carla e ne sono rimasto subito conquistato.
Rebecca Elson cantava come un usignolo. E cantava la musica che piace a
me. Il libro, uscito postumo nel 2001 a cura del marito Angelo di Cintio e
dell’amica Anne Berkeley, non era finito per caso nella lista dei “libri
dell’anno” per il 2001 del prestigioso quotidiano inglese The Economist.
Avevo trovato un tesoro, o meglio, un tesoro aveva trovato me.

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