Perchè Rosada

stri

       Perché Rosada?

Pasolini fissa in un’estate del 1941, l’atto di nascita della sua nuova poesia. Più esattamente in una mattina in cui girando per le strade di Casarsa sentì pronunciare da un ragazzino la parola rosada.

Ecco il passaggio:

“In una mattina dell’estate del 1941 io stavo sul poggiolo esterno di legno della casa di mia madre. Il sole dolce e forte del Friuli batteva su tutto quel caro materiale rustico… su quel poggiolo o stavo disegnando (…), oppure scrivendo versi. Quando risuonò la parola ROSADA.
Era Livio, un ragazzo dei vicini oltre la strada, i Socolari, a parlare. Un ragazzo alto, d’ossa grosse… proprio un contadino di quelle parti… ma gentile e timido come lo sono certi figli di famiglie ricche, pieno di delicatezza. Poiché i contadini, si sa, lo dice Lenin, sono dei piccoli-borghesi, tuttavia Livio parlava certo di cose piccole ed innocenti. La parola ROSADA non era che una punta espressiva della sua vivacità orale. Certamente quella parola, in tutti i secoli del suo uso nel Friuli che si stende al di qua del Tagliamento, non era mai stata scritta. Era stata sempre e solamente un suono. Qualunque cosa quella mattina io stessi facendo, dipingendo o scrivendo, certo mi interruppi subito. (…) E scrissi subito dei versi, in quella parlata friulana della destra del Tagliamento, che fino a quel momento era stata solo un insieme di suoni: cominciai per prima cosa col rendere grafica la parola ROSADA”.

Le Poesie a Casarsa rappresentano così per Pasolini un tentativo di valorizzare il dialetto come primo inequivocabile segno di opposizione al potere fascista, in una società che osteggia l’uso delle lingue barbare in quanto proprie delle masse rurali , una società in cui anche la sinistra predilige l’uso della lingua italiana.

“Il fascismo -ha scritto Pasolini- non tollerava i dialetti, segni dell’irrazionale unità di questo paese dove sono nato, inammissibili e spudorate realtà nel cuore dei nazionalisti”

(in P.P.Pasolini, Poeta delle ceneri, a cura di E. Siciliano, in “Nuovi Argomenti”; Roma, luglio 1980).

La collana poetica Rosada nasce così con un particolare rispetto verso tutte le sperimentazioni poetiche capaci di veicolare una certa appartenenza ai luoghi e al loro retroterra culturale.

Non si tratta però di poesia limitata entro un confine territoriale.

La collana Rosada pubblicherà (senza chiedere un contributo economico agli autori) quei poeti capaci di veicolare un Dna del sentimento e di aderire in modo più vibrante allo specifico di certi mondi, e che proprio per questo avranno avranno la forza di coniugare il particolare ad un discorso più universale.

In un mondo che tende alla globalizzazione esasperatne e ad un uso del linguaggio sempre più tecnico, omologante e universale l’ idea di una lingua legata al sentire profondo di un territorio si fa tanto più attuale quanto più lo scambio dei mondi si fa frenetico e ineluttabile, al punto da lasciarsi alle spalle residui e scorie fatti di mondi minori e emozioni reali che contengono parti importanti di noi.

Esiste per noi un modo di pensare la riappropriazione delle identità locali e delle lingue definite per troppo tempo minoritarie che esula dalle forme chiuse, ne fu un esempio la rivista Usmis, una rivista scritta in lingua friulana, che uscì nei primi anni 90 e che, pur veicolando i suoi contenuti attraverso i codici di una lingua minoritaria si definiva al tempo stesso planetaria, segnando così un importante momento culturale nell’Italia dell’epoca.

Laboratori dulà ch’e si produsin cuncjadenament
incoerents ma pussibii,
ritmos interiors e cosmics

 

 

laboratorio dove si producono concatenamenti
incoerenti ma possibili,
ritmi interiori e cosmici

(da Usmis)