“L’uomo nuovo” all’Itc Teatro di San Lazzaro di Savena (Bo) regia di Giulia Franzaresi
“L’uomo nuovo” all’Itc Teatro di San Lazzaro
regia di Giulia Franzaresi
di Milena Magnani
A due giorni dal debutto dello spettacolo “L’uomo nuovo” regia di Giulia Franzaresi, produzione Teatro dell’Argine, sento quanto questo spettacolo richieda una particolare nota di merito.
Non soltanto perché si tratta del frutto di un Laboratorio giovane svoltosi all’ ITC Teatro di San Lazzaro, teatro che mi è molto caro, ma soprattutto perché questo spettacolo ha parlato alla mia sensibilità di donna contemporanea in modo più efficace di tante elucubrazioni teoriche sul presente.
Essere dentro al tendone di un circo insieme a una compagnia di circensi allo sbando che cerca un capo circo e trova invece solo leader capaci di condurre fuori rotta, mi ha fatto sentire quasi fisicamente quanto il teatro, se fatto bene, possa essere una lente amplificata e lucida per decodificare la realta’.
Di certo non c è teatro senza un valido lavoro attoriale e qui il lavoro degli attori è la spina dorsale che regge tutta l’ossequiosita’ dei deboli, tutte le maschere del potere, tutto quell’avanspettacolo che è il calembour sulla crisi contemporanea con cui tanto ci stanno ottundendo il pensiero .
Sembra che ci sia Petrolini a dirigere gli attori mentre cantano in coro l’antico brano di Rodolfo De Angelis : “ma cos’è questa crisi?” una canzone che non ci arriva solo sotto forma di domanda, quanto piuttosto come monito a ricordarci che sulle questioni di giustizia economica e sociale non si è avanzati di molto da certi lontani dopoguerra dove più che costruire una società di giusti ci si è contentati della sua promessa.
I quattro leader boriosi e incompetenti che si alternano sulla scena, interpretati con grande stile da Francesco Lolli, Roberto Di Lao, Alessandro Bonanni e Pietro Solfanelli, e anche la direttrice del circo (interpretata con grande piglio da una brava Elena Tassoni) potrebbero probabilmente occupare con diritto la poltrona in qualche talk show politico senza suscitare alcun sospetto di essere fuori posto. E’ il teatro nel teatro che si da nella sua forma pura perché i capi popolo, in fondo, non sono altro che l’ eterna replica di un’ antica messinscena del potere che passa dai testi di Aristofane fino a gridare tutti gli slogan burini e improbabili di oggi, propinati unicamente per distrarci dal gioco pericoloso delle domande sull’esistente.
Domande già, domande che non potendo portare a precise risposte, Rosencrantz e Guildenstern ci suggeriscono elegantemente che si possano convertire in sport, come le due attrici Elena Tassoni e Beatrice Zannoni riescono perfettamente a sostenere.
C’è nel portare in scena questa disillusione un uso delle luci e dei movimenti scenici che fa da omaggio al grande cabaret Brechtiano dove si ride amaro, non solo per trattenere l’angoscia del presente ma anche e soprattutto x denunciare facendo finta di ridere, obiettivo centrato in pieno anche dai testi di Nicola Bonazzi che fanno capolino qua e là, riconoscibili per stile e per freschezza.
Già perché nell’“L’uomo nuovo”, dietro l’angolo della pronta risata, ci attende uno sguardo sulla poverta’, sull’ intolleranza e la guerra, temi cardine di tutte le nefandezze epocali che proliferano in mano alla presunta autorità che continuiamo indefessi a compiacere.
Sembra che non ci sia nessuno a cui valga la pena affidarsi, sembra che Dio sia morto anche sotto questo tendone, e invece Giulia Franzaresi riesce a dirci che un Dio, a volerlo proprio vedere, c’è ed eccome! E sceglie una una divinità al femminile, operando così una “ri-centratura” sul pensiero di genere, uno spostamento che porta voce al dolore, e attraverso l’ interpretazione di Marta Specolizzi ci invita a riprenderci la libertà di piangere anche tra i rutti di una società rozza e svilente. E’ il potere sacro della vita che piange i suoi figli morti per finte bandiere, per finte rivoluzioni. Bravo Roberto Di Lao a interpretare la tracotanza che sfida il sacro della vita e brava Marta Specolizzi a tenergli testa!
C’e’ in questo finale una speranza, perché la divinità, che è la forza in divenire del futuro, non tace e rifiuta l’orrore!
Torna in mente quello che lo spettacolo ci diceva all’inizio, che le speranze vanno e vengono e a volte sono nere come la polvere ma ogni tanto si fermano e forse ci vengono incontro.
Uno spettacolo che merita un cartellone sicuramente più fitto di date.
Grazie ai bravissimi attori giovani sicure promesse di un teatro che verrà.
Nello specifico grazie a Alessandro Bonanni, Valentina Catone, Roberto Di Lao, Irene Fazioli, Annalisa Galvagni, Laura Gnudi, Francesco Lolli, Jacopo Saccomandi, Pietro Solfanelli, Marta Specolizzi, Elena Tassoni, Beatrice Zannoni
Milena Magnani